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Tecnologia 5G, per gli ingegneri paure ingiustificate

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Articolo di Redazione, Verona-in

Le Stazioni radio base installate sul territorio di Verona e provincia sono in tutto 1.213, di cui 352 in città. Di queste, 11 nella provincia e 10 a Verona sono predisposte per la tecnologia 5G. In Veneto gli impianti con tecnologia 5G a 3.700 Mhz sono complessivamente 13. Il dato, reperibile sul sito dell’Arpav, è emerso durante il webinar promosso giovedì 4 giugno dall’Ordine degli Ingegneri di Verona a cui si sono iscritte più di mille persone, mentre il questionario sul tema è stato visionato da oltre 240mila persone e votato da 38mila. I favorevoli al 5G superano di poco i contro.

Come evidenziato dall’assessore all’ambiente, Ilaria Segala all’inizio del convegno, il progetto di smart city tra Agsm, Comune di Verona e TIM, collegato con il 5G, «è fermo per una scelta politica. Da febbraio a oggi i comuni contrari sono passati in Italia da 53 a 262 e, alla luce delle indicazioni dei vari sindaci ci stiamo confrontando anche noi sulla questione».

«In molti ci hanno fatto notare di non sapersi esprimere sul 5G perché non conoscono abbastanza la tecnologica e per questo abbiamo promosso un evento per fare chiarezza», fa presente il presidente dell’Ordine Andrea Falsirollo. «L’emergenza Covid ha evidenziato un’estrema fiducia negli organi che tutelano la nostra salute, ma sulla nuova tecnologia, invece, sembra che i pareri degli esperti non convincano e le fake news si sprecano».

«L’Italia è stato il primo Paese europeo a sperimentare il 5G perché ci si rende conto che è indispensabile per dispositivi come le auto a guida autonoma in cui i tempi di latenza, tra l’esecuzione del comando e la sua attuazione, devono essere evidentemente più rapidi di quelli di un sms o di un messaggio whatsapp», spiega Mario Frullone, direttore Scientifico della Fondazione Ugo Bordoni. «Siamo di fronte a una rivoluzione industriale che porta con sé inevitabili timori e molte false notizie. Un mese e mezzo fa linee guida hanno ribadito che non ci sono evidenze circa l’eccesso di preoccupazioni. Il principio di precauzione resta comunque alto la ricerca continua a indagare e a fare il suo corso».

Durante il webinar è stato spiegato che i limiti imposti in Italia legati all’uso dei terminali sono molto più rigidi di quelli esteri, e che la densificazione delle antenne con frequenze millimetriche collegata all’utilizzo di questo tipo di tecnologia in realtà comporta una diminuzione dei livelli di potenza.«Le frequenze millimetriche non penetrano nell’organismo ma restano a livello della pelle e le antenne cosiddette intelligenti possono valutare la potenza irradiata. Se supera determinati parametri si riduce o azzera”, evidenzia Frullone, facendo notare che si tratta di tecnologie rivoluzionare anche in ambito medico, per la sanità a distanza.

Sabrina Poli, dell’ARPAV ricorda che le bande di frequenza tra i 694 e i 790 MHZ al momento sono occupate dal digitale terrestre, e non saranno libere prima del luglio 2022. «ll gestore deve presentare una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) al Comune, corredata di tutta la documentazione tecnica e scientifica e l’installazione degli impianti avviene solo dopo il parere favorevole dell’Arpav», evidenzia la relatrice. «Il controllo è sia preventivo, con l’analisi della massima potenza dell’impianto, sia con periodici monitoraggi per rilevare le frequenze».

«Mi occupo dell’argomento da quasi 30 anni e se prima le preoccupazioni si riversavano sulle onde televisive, nel tempo si sono focalizzate sui campi elettromagnetici», fa notare Alessandro Polichetti del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale dell’ISS. «Negli ultimi due anni, però, c’è un attacco diretto alla tecnologia specifica del 5G. Chi si opponeva negli anni ’90 proponeva più antenne a bassa potenza, ora è il contrario, si teme il proliferare di antenne che in realtà garantiranno livelli di esposizione più uniforme. L’organismo è esposto alle onde elettromagnetiche, e in parte le assorbe. Per questo ci sono standard recepiti dall’Unione Europea sui limiti di esposizione, che in Italia sono persino più rigidi, visto che contemplano la tutela a lungo termine. Le preoccupazioni sono legittime, ma non si capisce tanto accanimento su una singola tecnologia».

Diego Dainese, docente all’Università di Padova fa notare che se la soglia di qualità è fissata a 6 volt al metro, ci sono elettrodomestici come un banale forno a microonde che ne emanano fino a 16 e da cui è bene tenersi alla distanza di almeno un metro quando sono in funzione. E conclude: «Nell’utilizzo di un cellulare i valori più alti sono nell’esposizione attiva, ossia quando è l’utente stesso a scegliere di esporsi».

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