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Huawei, 5G e Covid-19, difendiamo l’Italia dalla Cina. Intervista a Matteo Salvini

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Articolo di Francesco Bechis, Formiche.Net

Intervista al leader della Lega, già vicepremier e ministro dell’Interno, che spiega perché serve una nuova Norimberga per mettere la Cina di fronte alle sue responsabilità sul virus. Golden power, 5G, Via della Seta, così la Lega vuole tenere le distanze fra Roma e Pechino

Non ne ha mai fatto un mistero, ma non l’ha neanche mai messa in questi termini. Matteo Salvini è convinto: serve una nuova “Norimberga” per accertare le responsabilità della Cina nella diffusione globale del coronavirus. Ritardi, sviamenti, censura richiedono una grande operazione verità della comunità internazionale, dice il leader della Lega ed ex vicepremier intervistato da Formiche.net. L’Italia di Giuseppe Conte però manca all’appello, aggiunge. Dal 5G al Golden power passando per il caso Hong Kong, così la Lega vuole alzare l’asticella della sicurezza nei rapporti con Pechino.

Senatore Salvini, ha detto che serve una nuova Norimberga. Un’indagine internazionale?

Sono più di 116 Paesi a chiederla, e dall’Italia mi aspetterei molta più forza nel pretendere dalla Cina verità e giustizia. Le responsabilità del regime comunista cinese sono gravi ed evidenti, dal ritardo con cui è stato dato l’allarme, fino ai continui tentativi di insabbiare ogni richiesta di dati e approfondimenti da parte della comunità internazionale, senza dimenticare la repressione poliziesca e sistematica di ogni voce libera all’interno.

L’Italia si è fatta sentire troppo poco su questo fronte?

Il silenzio del governo in questi mesi è stato imperdonabile. Nonostante oltre 30.000 vittime, nonostante i sacrifici della quarantena, nonostante la crisi economica che ci prepariamo ad affrontare, nessuno dei nostri ministri e tantomeno il premier Conte ha avuto il coraggio di dire una sola parola per denunciare le responsabilità del Regime Cinese.

Tornasse indietro, rifirmerebbe il memorandum per la Via della Seta?

La Lega ha sempre detto di avere dei dubbi su quell’accordo, tanto da aver chiesto di modificarlo. Va benissimo incentivare intese economiche con le nostre imprese, ma non deve essere il Cavallo di Troia per assecondare i progetti geopolitici di Pechino. Non è solo una questione di concorrenza sleale e cybersecurity, stiamo parlando della nostra identità, della democrazia, dei diritti conquistati a caro prezzo e che non possiamo permetterci di svendere in cambio di una ciotola di riso.

Il mondo ha gli occhi su Hong Kong e sulla nuova legge sulla Sicurezza nazionale cinese. Sono affari interni di Pechino o riguardano anche l’Italia?

Nel 1939 probabilmente ci si chiedeva negli stessi termini se Danzica fosse affare di Berlino o riguardasse il mondo intero. Sappiamo com’è andata a finire…

Questo governo si è presentato dall’inizio come alleato degli Stati Uniti. A distanza di nove mesi qual è il suo bilancio?

Se dovessi giudicare da come il nostro Servizio Pubblico televisivo italiano tratta il Presidente degli Stati Uniti, a tratti penserei davvero di vivere in un Paese che geopoliticamente guarda altrove. Lo stesso se dovessi prendere sul serio le parole del ministro degli Esteri Di Maio o quelle di Massimo d’Alema, ascoltatissimo suggeritore di Conte, che nel suo ultimo libro indica come per l’Italia sia fondamentale stringere i rapporti con Pechino. Fortunatamente il futuro del Paese presto non sarà più nelle loro mani, altrimenti faremmo bene a preoccuparci, anche perché non vorrei che a margine delle cerimonie ufficiali, dei libri, degli attestati di amicizia, qualcuno volesse approfittarne per svendere altri pezzi della nostra economia in crisi.

Un fronte che vede il governo indeciso è l’esclusione delle aziende cinesi dal 5G accusate di spionaggio dall’intelligence Usa. Lei sarebbe d’accordo?

In Italia la Cina starà fuori dal 5G. Non possiamo accettare che infrastrutture fondamentali per la nostra sicurezza siano nelle mani di una potenza straniera, peraltro sempre più aggressiva e ostile nei confronti dell’Occidente.

In queste settimane si parla di difendere le imprese strategiche italiane da azioni ostili straniere. Il Golden power basta?

Se qualche volta venisse usato, sì. Dovrebbe essere non dico la norma, ma quantomeno un’opzione sempre presente nelle trattative internazionali, così come nei difficili dossier industriali del nostro Paese. Purtroppo invece il governo ne parla quasi sempre per escluderne l’utilizzo, il che contribuisce a indebolire la forza e la reputazione dell’Italia nel mondo.

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