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Come vibra il Belgio per il 5G

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Articolo di Marco Orioles, Startmag Magazine

Il Belgio sul 5G ha aderito alle linee guida della Commissione Europea sulla sicurezza del 5G, che definiscono “high-risk vendors” quei produttori che potrebbero essere “soggetti a interferenza da un paese non-Ue”

È stata una settimana nera per Huawei.

Dopo la decisione del Pentagono di inserire il produttore cinese in una blacklist di entità collegate all’Esercito di Liberazione Popolare, e quella del governo di Singapore di escluderla dalla torta del 5G dell’isola, arriva ora la mossa trumpiana del Belgio di limitare fortemente l’uso di parti chiave della rete 5G procurate da fornitori “ad alto rischio”.

La decisione, che ricalca quella presa dal governo britannico a gennaio (che ciononostante fece infuriare gli americani), arriva dal Consiglio di Sicurezza Nazionale del Belgio, e sembra prendere atto almeno in parte delle preoccupazioni degli Usa.

La decisione del Consiglio prevede infatti che nessun produttore considerato ad alto rischio potrà mettere mano, fornendo le proprie attrezzature, nella parte “core” e nel “backbone” della rete, considerate quelle più strategiche e dunque meritevoli della massima tutela.

Non sono queste però le uniche restrizioni previste dal Consiglio. Le stesse entità ad alto rischio potranno essere presenti con le loro attrezzature nella parte di accesso radio della rete solo in misura del 35%.

Infine, i servizi di sicurezza belgi definiranno una serie di aree geografiche e “siti sensibili” ove la presenza delle attrezzature dei produttori in questione potrà essere ulteriormente limitata. Una decisione, questa, che farà molto piacere agli americani, visto che in Belgio sono ubicati anche i comandi Nato.

Le indicazioni del Consiglio – una cui copia è finita nella redazione di Politico – non fanno nomi, dunque non esplicitano chi sia considerato un produttore ad alto rischio. Si precisa semplicemente di aver aderito alle linee guida della Commissione Europea sulla sicurezza del 5G, che definiscono “high-risk vendors” quei produttori che potrebbero essere “soggetti a interferenza da un paese non-Ue” o che non rispetta gli standard democratici – tutte caratteristiche che si attagliano alla perfezione a Huawei e all’altra bestia nera degli Usa, Zte.

Per le telco che erano in procinto di partire con i loro progetti sul 5G, la decisione del Consiglio di Sicurezza equivale al più grosso dei grattacapi.

Come ricorda Politico, praticamente tutte le reti di telecomunicazione in Belgio, con particolare riguardo alle stazioni base e alle antenne, sono di fabbricazione cinese. Per la realizzazione del 4G, tanto l’operatore pubblico Proximus quanto la locale sussidiaria della francese Orange avevano stretto accordi con Huawei, e un terzo operatore, Telenet, si era affidato a Zte.

La decisione del Consiglio significa dunque che le telco dovranno ora riformulare pesantemente i loro progetti rinunciando a due partner come Huawei e Zte che per anni sono stati indispensabili e affidandosi assai probabilmente alla concorrenza considerata affidabile dagli Usa – nomi del calibro dunque di Ericssnn o Nokia.

Grande è stata la gioia non a caso del Segretario di Stato Usa Mike Pompeo – principale nemesi dei cinesi e di Huawei in particolare – alla notizia piovuta dal Belgio.

“È arrivato finalmente il momento (per realizzare) delle reti 5G sicure”, ha affermato Pompeo, aggiungendo che “gli accordi di Huawei con gli operatori di tutto il mondo stanno evaporando perché i paesi vogliono solo produttori affidabili nelle loro reti 5G”.

Resta in ogni caso da capire come procederà la guerra degli Usa contro Huawei, considerati da un lato i passi indietro fatti recentemente dall’amministrazione Trump – ultimo della serie, la decisione del Dipartimento del Commercio che rende di nuovo possibile la cooperazione tra le aziende tech Usa e Huawei nella definizione degli standard per il 5G – e dall’altro l’aggravarsi della crisi trilaterale tra Usa, Cina e Canada circa l’estradizione della ex CFO di Huawei Meng Wanzhou attualmente detenuta a Vancouver su richiesta della giustizia Usa.

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