Articolo di Giacomo Dotta, Punto informatico
Pioveranno euro, ma non sappiamo dove. Arriveranno, ma non sappiamo quando. Li useremo, ma non sappiamo come. Prima dobbiamo scapicollarci sul giudizio circa la bontà dell’accordo raggiunto, poi dovremo scapicollarci sul modo di investirli, quindi dovremo scapicollarci e basta perché tanto siamo italiani e la prossima domanda è “quale sarà il prossimo Governo?”. Se ne discuterà in diretta tv, in diretta streaming, in diretta social.
Attenzione però, perché il momento storico è cruciale: sta arrivando preziosissimo denaro ed arriva nel momento stesso in cui abbiamo il dovere di affrontare un bivio fondamentale per le sorti delle prossime generazioni. Tocca a noi, a noi tutti, a questa generazione troppo spesso irresponsabile per affrontare scelte fondamentali, decidere. Paradossalmente dovremo farlo confrontandoci su media disequilibrati, su argomenti fortemente divisivi e senza quelle grandi visioni politiche che spesso in passato hanno costituito un faro nell’orientamento delle masse. Non il contesto ideale, insomma.
Ma abbiamo qualcosa che può aiutarci: il passato, la tradizione, la cultura. Questi tre capisaldi, infatti, costituiscono congiuntamente quel patrimonio esperienziale che fa parte della Storia del nostro paese, dal quale possiamo attingere per crescere. Giriamoci indietro prima di fare un passo avanti, fermiamoci un secondo prima di partire.
Dei Malavoglia e del 5G
Troppe volte in questi mesi abbiamo dovuto affrontare un tema ricorsivo: la paura per l’innovazione. La tecnofobia, che in passato è spesso stata collegata a veri e propri fenomeni di luddismo, è una semplice conseguenza di un’inerzia culturale che predispone le persone più alla conservazione di uno status quo (per povero che possa essere) che non alla scommessa sul cambiamento. Quanto più il contesto si fa arido, tanto più il cambiamento fa paura. Questo non significa procedere a occhi chiusi, perché anche in tal senso i rischi sono spesso sottovalutati (ne abbiamo parlato più volte, in queste settimane, a proposito del tema smart working).
Il movente dell’attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo delle passioni che la determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquille, e il suo disegno semplice.
C’è un passaggio illuminante tra i libri di Verga a descrivere quel che succede oggi. Si, oggi. Perché oggi siamo pieni di Padron Cipolla tra le nostre strade e sulle nostre bacheche è pieno di Compare Mangiacarrube e di vari Tino Piedidipapera. Sono amici di don Silvestro e tutti come amicizia comune hanno lo speziale. Ce li hai anche tu su Facebook, li leggi anche tu su Twitter – e con ogni probabilità li trovi anche su LinkedIn farciti di entusiasmanti curriculum e soft skill. Sono volti, ma sono soprattutto personaggi di una storia che non cambia, che ritorna, di una società tanto ricca di creatività quanto densa di fantasmi: la nostra.
Fuor di metafora, non sarà complesso trovare le antenne del 5G tra le righe dei Malavoglia. E non sarà difficile leggervi tutti i paradossi che, nell’800 come nel nuovo millennio, ci troviamo ad affrontare tra i corsi ed i ricorsi della Storia:
Ognuno raccontava i suoi guai, anche per conforto dei Malavoglia, che non erano poi i soli ad averne. «Il mondo è pieno di guai, chi ne ha pochi e chi ne ha assai», e quelli che stavano fuori nel cortile guardavano il cielo, perché un’altra pioggerella ci sarebbe voluta come il pane. Padron Cipolla lo sapeva lui perché non pioveva più come prima. – Non piove più perché hanno messo quel maledetto filo del telegrafo, che si tira tutta la pioggia, e se la porta via. – Compare Mangiacarrubbe allora, e Tino Piedipapera rimasero a bocca aperta, perché giusto sulla strada di Trezza c’erano i pali del telegrafo; ma siccome don Silvestro cominciava a ridere, e a fare ah! ah! ah! come una gallina, padron Cipolla si alzò dal muricciuolo infuriato e se la prese con gli ignoranti, che avevano le orecchie lunghe come gli asini. – Che non lo sapevano che il telegrafo portava le notizie da un luogo all’altro; questo succedeva perché dentro il filo ci era un certo succo come nel tralcio della vite, e allo stesso modo si tirava la pioggia dalle nuvole, e se la portava lontano, dove ce n’era più di bisogno; potevano andare a domandarlo allo speziale che l’aveva detta; e per questo ci avevano messa la legge che chi rompe il filo del telegrafo va in prigione. Allora anche don Silvestro non seppe più che dire, e si mise la lingua in tasca. – Santi del Paradiso! si avrebbero a tagliarli tutti quei pali del telegrafo, e buttarli nel fuoco! incominciò compare Zuppiddu, ma nessuno gli dava retta, e guardavano nell’orto, per mutar discorso.
Oggi compare Zuppiddu aprirebbe un gruppo contro il 5G e troverebbe altri pronti a condividerlo a colpi di indignazione. Qualche sindaco ne farebbe anche un orgoglioso veto per il proprio Comune, con la fierezza di un buon engagement e la solidità giuridica di un ripetuto punto esclamativo. I più abbasserebbero gli occhi per far finta di nulla e guarderebbero nel proprio orticello, ma il rumore di quel gruppo complottista sarebbe reiterato giorno dopo giorno e prima o poi qualche palo del 5G prenderebbe fuoco, c’è da starne certi. In Italia come oltre la Manica, perché tutto il mondo è Trezza.
Passato e/o futuro
Presto, con il Recovery Fund in mano, ci troveremo tutti tra le strade di Trezza per decidere come riscrivere quella storia illuminante: sacrificheremo la nostra identità e svenderemo i nostri valori? Avremo perduto. Sacrificheremo il futuro, arroccandoci sui valori del passato? Avremo perduto. Capiremo una volta per tutte che possiamo essere capaci di cavalcare il cambiamento governandolo come nella Storia spesso abbiamo dimostrato di saper fare? Potremmo riscattare un ventennio non propriamente glorioso, dando un nuovo senso a quel terzo millennio che abbiamo avuto l’onore di inaugurare. Faremo tutto ciò con scelte che ognuno farà quotidianamente, con un voto prima e con un post poi, orientando il dibattito pubblico o crescendo singolarmente come cittadini e collettivamente come società.
Di fronte c’è una grande occasione: riscattare la nostra casa del Nespolo, rilanciare l’Italia e chiudere il cerchio della Storia per ripartire. Forse non ci è chiaro tutto ciò, ma abbiamo il dovere di credere nella Politica più che nelle sue emanazioni social; abbiamo il dovere di contribuire e non solo a colpi di like.
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