Articolo di Il Post
A seguito della guerra commerciale condotta dagli Stati Uniti molti operatori stanno escludendo l’azienda cinese dai contratti per le nuove reti, ma è ancora presto per valutarne gli effetti.
Negli ultimi mesi i governi di molti stati ricchi e avanzati – o gli operatori telefonici attivi in questi stati – hanno deciso a quali aziende affidare la costruzione delle reti 5G, le reti di ultima generazione che porteranno importanti benefici alle telecomunicazioni. Queste decisioni sono osservate con molta attenzione, perché attorno al 5G da anni è in corso una battaglia in gran parte politica: gli Stati Uniti stanno cercando di limitare l’influenza dell’azienda cinese Huawei in Europa e tra i paesi alleati, perché, sostiene l’amministrazione americana, Huawei è vicina al governo cinese e pone un rischio per la sicurezza (l’azienda e il governo cinese, ovviamente, rigettano queste accuse). Questa disputa economico-politica va avanti da tempo: ci sono state pressioni diplomatiche, dazi commerciali e processi giudiziari.
A giudicare dagli ultimi annunci, la campagna contro Huawei sta funzionando. Anzitutto ci sono le decisioni politiche: a luglio di quest’anno, il governo del Regno Unito ha deciso di eliminare Huawei dalle aziende attive sulle infrastrutture della rete 5G, citando ragioni di sicurezza nazionale. L’Australia aveva fatto lo stesso nel 2018. I due paesi sono tra i più stretti alleati degli Stati Uniti. In India, invece, secondo i media il governo avrebbe eliminato Huawei dalla lista dei possibili fornitori per il 5G. In questo caso le ragioni sono sempre geopolitiche, ma riguardano le dispute di confine tra India e Cina sull’Himalaya. La decisione non è ancora definitiva.
Poi ci sono i contratti. A gennaio, l’operatore francese Orange aveva escluso Huawei dalle forniture 5G, preferendo le compagnie europee Ericsson e Nokia, rispettivamente svedese e finlandese. A giugno, i due operatori telefonici canadesi Bell Canada e Telus hanno annunciato che useranno come fornitori per il 5G Ericsson e Nokia. Contando che i grossi operatori canadesi sono tre, e che il terzo, Roger, aveva annunciato già a gennaio che avrebbe realizzato la sua rete 5G con Ericsson, questo significa che di fatto Huawei è stata esclusa, anche se il governo non ha ancora preso la sua decisione definitiva su un possibile divieto. Sempre a giugno, l’autorità per le telecomunicazioni di Singapore ha deciso i vincitori della gara per la costruzione della rete 5G: anche in questo caso hanno vinto Ericsson e Nokia, Huawei è stata lasciata fuori.
A settembre British Telecom ha stipulato un contratto con Nokia per una parte dell’aggiornamento al 5G. Ad agosto Deutsche Telekom ha fatto sapere che sta “diversificando i fornitori”, e il mese successivo il Financial Times ha scritto che il governo tedesco potrebbe escludere Huawei dai fornitori per il 5G, anche se nessuna decisione è ancora stata presa. Telefónica, il più importante operatore spagnolo, a settembre ha firmato contratti con Ericsson e Nokia. A ottobre i due più importanti operatori del Belgio, Orange e Proximus, hanno scelto Nokia come fornitore per il 5G.
In Italia i due principali operatori, Vodafone e Tim, intendono eliminare i componenti di Huawei dalla parte “core” della rete, cioè quella più importante che gestisce i dati sensibili, ma non dall’intera infrastruttura. Vodafone l’ha annunciato a febbraio, la decisione viene dalla casa madre londinese e riguarda tutti i paesi in cui l’azienda è presente. Tim non ha fatto un annuncio ma a luglio ha escluso Huawei dalla gara per la costruzione della parte “core” della rete sia in Italia sia in Brasile. Parlando con il Corriere della Sera, il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis ha detto che l’azienda continua a lavorare sia con Vodafone sia con Tim. A fine settembre, il segretario di Stato americano Mike Pompeo è stato in Italia in visita ufficiale e ha chiesto di nuovo al governo di eliminare del tutto Huawei dai possibili fornitori per il 5G, come ha fatto il Regno Unito. Per ora però il governo non ha preso una decisione, anche se si è parlato spesso della possibilità di usare il “golden power”, cioè il potere di bloccare acquisizioni e transazioni anche private.
Come si può vedere, le aziende che si contendono il mercato del 5G sono principalmente tre: Huawei, Ericsson e Nokia (Cisco, Samsung e ZTE hanno ruoli minori, anche se Samsung sta aumentando molto le sue quote di mercato), e a giudicare da questi annunci sembra che Huawei, che è da anni leader del settore, stia perdendo terreno. Attenzione però: il valore di questi annunci, per ora, è puramente aneddotico. Anche se molti analisti vedono negli ultimi mesi un trend che penalizza la compagnia cinese, per ora questo trend non si è concretizzato in uno spostamento delle quote di mercato, che sono difficili da valutare e sono registrate con ritardo di mesi.
Tutte e tre le aziende più importanti del settore nei loro comunicati stampa sostengono di avere firmato decine di contratti e accordi con operatori telefonici e altri clienti. A febbraio, un manager di Huawei disse che l’azienda aveva firmato 91 contratti commerciali per il 5G. Ericsson sostiene di avere 60 contratti già annunciati e 111 accordi di fornitura. Nokia sostiene di avere 160 “relazioni commerciali” riguardanti il 5G, che però non sono tutti contratti per la costruzione di infrastrutture.
Quando si parla di quote di mercato, però, è più difficile capire come valutarle, sia perché il settore del 5G è ancora piuttosto acerbo, sia perché non tutte le aziende forniscono gli stessi dati. L’agenzia di analisi TrendForce, per esempio, ha provato a stimare le quote di mercato nel 5G contando quante antenne ha installato o prevede di installare ciascuna azienda. Con questi criteri, non solo Huawei non risente dei problemi ma è anche in crescita, perché le sue quote di mercato passerebbero dal 27,5 al 28,5 per cento, mentre Ericsson passerebbe dal 30 al 26,5 per cento e Nokia dal 24,5 al 22 per cento. Questi dati, però, vanno temperati con la forte espansione del mercato cinese, di cui Huawei ha il dominio: soltanto nella seconda metà del 2020, gli operatori telefonici cinesi progettano di costruire 350 mila nuove antenne 5G. Questo è un altro elemento importante: molti annunci sfavorevoli a Huawei arrivano da paesi alleati degli Stati Uniti in Europa e Nordamerica, ma il resto del mondo continua a vedere l’azienda cinese in maniera diversa.
Un’altra società di analisi, Dell’Oro Group, cerca di capire chi sta andando meglio e chi sta andando peggio misurando le quote di fatturato di ciascuna azienda che opera nel settore. Huawei è prima con il 31 per cento, Ericsson e Nokia hanno il 14 per cento ciascuna. I dati però sono vecchi: l’ultima versione della ricerca di Dell’Oro calcola il fatturato per la prima metà dell’anno.
In generale, per i paesi che l’hanno deciso o che sono in procinto di deciderlo, eliminare Huawei dalle infrastrutture 5G è un affare complicato e costoso, per varie ragioni. Anzitutto perché i componenti di Huawei sono noti per essere più economici di quelli della concorrenza, pur mantenendo alta la qualità (i critici dicono che questo è reso possibile dalla vicinanza con l’apparato statale cinese, che fornisce favori e incentivi: il Wall Street Journal l’anno scorso calcolò che Huawei avrebbe ricevuto 75 miliardi di dollari in sgravi fiscali e altre forme di aiuti; l’azienda contesta queste ricostruzioni). In secondo luogo perché Huawei ha già costruito molte delle infrastrutture delle reti 4G, la generazione precedente, attualmente in uso nella gran maggioranza degli smartphone: secondo gli esperti, è poco conveniente cambiare fornitore tra una generazione e l’altra. Infine, le varie aziende che si occupano di 5G producono anche componenti per aziende terze, o perfino per la concorrenza, e quindi in molti elementi della rete ci sono alcune cose costruite da Huawei e altre no.
A giugno del 2019, l’associazione che riunisce gli operatori telefonici, GSMA, stimò che eliminare del tutto Huawei dallo sviluppo del 5G in Europa sarebbe costato 55 miliardi di euro in più, oltre alle spese già previste. Nel Regno Unito, dove il governo ha deciso di eliminare le forniture di Huawei per il 5G, gli operatori hanno stimato che l’eliminazione dell’azienda potrebbe terminare nel 2027 (anche se alla fine si potrebbe fare un po’ prima), potrebbe costare miliardi di sterline (le stime vanno tra i 7 e i 18 miliardi) e potrebbe ritardare l’adozione della tecnologia 5G. Le aziende concorrenti, soprattutto Ericsson e Nokia, dicono invece di essere pronte a evitare ritardi e problemi.
Lo sviluppo del 5G, alla fine, dipenderà da decisioni politiche tanto quanto da quelle tecnologiche ed economiche, e molti fattori devono ancora essere definiti. Ad agosto, per esempio, l’amministrazione Trump ha imposto un divieto assoluto di vendere a Huawei componenti americani per la costruzione di microchip. La tecnologia americana nei microchip è così diffusa che fare senza è praticamente impossibile. Temendo questo divieto, negli scorsi mesi Huawei aveva fatto scorta di microchip, ma se Trump non ci ripensa Huawei potrebbe rimanere a corto di componenti “all’inizio dell’anno prossimo”, secondo alcune stime, ed essere costretta a interrompere la produzione. Altre analisi, come per esempio quella dell’Economist, sostengono che sul lungo periodo il boicottaggio di Huawei contribuirà allo sviluppo di tecnologia autoctona cinese.
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