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Rete unica e 5G, la ricetta Colao per digitalizzare la Pa

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Articolo di Chiara Colangelo, trend-online

Il ministro per l’Innovazione e la Trasformazione digitale, Vittorio Colao, ha illustrato le sei misure per la trasformazione digitale dell’Italia. La strategia ruota attorno alla Rete unica e al 5G con la priorità di rendere facile, accessibile e veloce i rapporti tra cittadini e PA

Da anni sentiamo parlare di trasformazione digitale. Un processo che aiuterebbe l’Italia a funzionare meglio, ma soprattutto, a rendere più semplice la vita di milioni di cittadini nell’accesso ai servizi delle pubbliche amministrazioni. Il ministro per la Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, ha illustrato la strategia del governo su Rete unica e 5G davanti alle commissioni riunite Trasporti della Camera, e Bilancio, Lavori pubblici e Politiche Ue del Senato.

La riforma, che ricalca i punti salienti presentati dallo stesso Colao in occasione degli Stati Generali, organizzati dal precedente governo Conte nel giugno 2020, verrà realizzata utilizzando le risorse del recovery fund o Next Generation Eu. Essa è perciò parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Il ministro ha illustrato sei misure da realizzare entro il 2026.

Un orizzonte temporale ambizioso. Esso infatti anticipa di quattro anni il programma europeo Digital Compass e richiede lo sforzo che le risorse destinate allo sviluppo digitale vengano spese bene e, soprattutto, in tempo. Entro il 2025. L’Italia ha a disposizione 40 miliardi di euro, una cifra che il ministro Colao ha assicurato aumenterà.

“La cifra sarà considerevolmente superiore se si includono anche le misure…parzialmente digitali, quali ad esempio interventi di digitalizzazione e sensorizzazione di strade e infrastrutture critiche o gli investimenti sulla sanità territoriale e la telemedicina o quelli relativi alla formazione di competenze digitali per cittadini e lavoratori pubblici e privati” .

I dettagli della riforma per la trasformazione digitale.

Rete unica e 5G 

Non è forse un caso che il ministro Colao abbia introdotto le misure per lo sviluppo digitale dell’Italia parlando prima di tutto del potenziamento della rete unica e del 5G. Il 60% delle famiglie italiane, infatti, non ha accesso a Internet o non è dotata di una connessione veloce. In particolare, le reti a banda ultra larga raggiungono appena il 34% delle famiglie italiane. Nel 2020, il 39% non ha richiesto l’accesso a Internet su rete fissa. Mentre olte cinque milioni di nuclei familiari, il 21% del totale, ha utilizzato Internet ma con una velocità inferiore ai 30 Mbps.

“Non sono più ammessi ritardi”, ha dichiarato il ministro in audizione. L’obiettivo è fare arrivare un gigabit e la copertura 5G in tutte le aree popolate entro il 2026. Comprese quelle “bianche”. Zone rurali o poco abitate, sprovviste di una connessione Internet adeguata, dove fino a oggi ha operato la società Open Fiber. La installazione della rete in fibra va avanti, anche se con notevoli ritardi. Sono state infatti raggiunte solo tre milioni di abitazioni nelle “aree bianche” rispetto ai sette milioni cablati nelle città.

Per Colao è importante stimolare l’utilizzo delle tecnologie più avanzate e a distanza, come il 5G, là dove non può arrivare la fibra o arriverebbe con tempistiche troppo lunghe. La connessione a un gigabit sarà assicurata a tutte le case degli italiani, alle pubbliche amministrazioni, alle scuole, alle strutture sanitarie, anche dotando le 18 isole minori di una rete in fibra ottica adeguata.

Per accelerare sull’ “operazione rete unica” e la banda ultra larga, il ministro Colao ha annunciato l’introduzione di una norma che consentirà alle imprese private di investire in zone specifiche, impegnandosi formalmente con lo Stato. Il ministero per la Innovazione tecnologica e lo Sviluppo digitale è al lavoro per elaborare agevolazioni o bonus a favore delle aziende private che riusciranno a portare a termine la cablatura e/o la copertura via radio delle zone interessate nei tempi prestabiliti.

Rete unica e 5G per la digitalizzazione della PA

Per l’ammodernamento della pubblica amministrazione, il ministro Colao non ha dubbi: è necessario partire dal principio del “cloud first”. L’introduzione del cloud – uno spazio di archiviazione di dati e informazioni e di calcolo – a cui potere accedere da qualsiasi luogo e tramite qualsiasi strumento –  portatile, cellulare o tablet – utilizzando una qualsiasi connessione a Internet per facilitare l’accesso alle PA sia a livello nazionale sia locale.

Colao ha sottolineato l’importanza di dare vita a un cosiddetto Polo Strategico Nazionale sul suolo italiano, che “consolidi e razionalizzi i data center dispersi o inefficienti”, di cui si avvalgono le PA e che peraltro rischiano di compromettere la sicurezza sul trattamento dei dati personali, compresi quelli sensibili. Perché si possano agganciare tutti i servizi pubblici a un unico data center nazionale sono indispensabili una rete unica e il 5G.

L’insieme di tutte queste infrastrutture è il cuore della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) che servirà alle PA per comunicare tra loro ed evitare che, banalmente, il cittadino o l’impresa sia costretta a fornire determinate informazioni o dati di cui la pubblica amministrazione è già in possesso. Certificati di nascita, codici fiscali, atti di registrazione. La interoperabilità consente una semplificazione e soprattutto una velocizzazione delle operazioni e dei servizi pubblici.

La identità digitale

L’identità digitale non è una novità della riforma Colao. Milioni di italiani usufruiscono oggi dello SPID e del CIE. Il ministro ha spiegato però che l’identità digitale verrà rafforzata con l’introduzione di un unico strumento di pagamento con le pubbliche amministrazioni e per tutti i servizi tramite pagoPA. Nella primavera dello scorso anno, la Fondazione dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci) ha denunciato le difficoltà degli enti locali alle prese con il superamento di divari tecnologici, organizzativi e di competenze che per essere sanati hanno bisogno di risorse. A fine 2019 l’agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha calcolato che solo il 6% dei Comuni riusciva ad attivare i pagamenti con PagoPA. Nella strategia sono compresi anche il domicilio digitale e una piattaforma che faccia da punto di riferimento per le notifiche della PA in modo intelligente e veloce su mobile.

Il potenziamento delle professioni

Il ministero dell’Innovazione e della Trasformazione digitale sta lavorando con quelli dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca per potenziare le dotazioni informatiche e digitali delle strutture educative e dei docenti degli Istituti tecnici superiori. Al fine di formare il capitale umano senza il quale non potremmo colmare lacune e inefficienze.

Come ha riferito il ministro in audizione, gli Istituti tecnici superiori sono quelli che hanno un tasso di occupazione tra i più elevati, circa l’80% dei diplomati entra subito nel mercato del lavoro. Purtroppo, l’Italia è tra le ultime in Europa per numero di ragazzi che scelgono questo percorso di studi.

Ma potenziare professionalità e competenze significa anche dare maggiore spazio alle idee e alla ricerca. Nel piano Colao è stato inserito lo sviluppo delle “sandbox”, ereditati dal precedente governo con il Decreto Crescita nel 2019. Si tratta di luoghi fisici dedicati esclusivamente alla sperimentazione, per facilitare attività imprenditoriali innovative e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche.

La telemedicina

Ammodernare la pubblica amministrazione significa anche offrire un servizio sanitario nazionale efficiente che con la pandemia di coronavirus è stato messo duramente alla prova. Si è parlato di telemedicina, indispensabile per evitare il sovraccarico degli ospedali, gestire al meglio malattie infettive come il Covid-19, facilitando il lavoro dei medici, degli infermieri e di tutto il personale sanitario.

Perché la telemedicina possa funzionare verrà potenziato il Fascicolo Sanitario Elettronico (o FSE) di ogni cittadino. Purtroppo, tutto quell’insieme di strumenti innovativi, dai ticket via web alle prenotazioni on-line, in Italia procede a rilento. A svelarlo, la ricerca sui livelli di innovazione tecnologica in Sanità (Litis), voluta da Federsanità Anci.

Il pagamento via web per le visite mediche è disponibile solo nel 7% delle aziende sanitarie; anche quella degli esami clinici è limitata solo ad alcune prestazioni ed è disponibile solo nel 22% dei casi. Infine, l’accesso on-line ai referti da parte dei pazienti è possibile solo nel 19% dei casi. Lacune, inoltre, sono state riscontrate anche nell’uso delle ricette elettroniche, impiegate solo dal 22% dei medici di medicina generale, e dal 20% di quelli che lavorano negli ospedali. I certificati digitali sono ancora in fase di sperimentazione nel 5% delle aziende sanitarie.

Prima è necessario colmare il “digital divide”

Anche se può sembrare strano, basta prendere la metropolitana o camminare per strada per vedere decine o, forse, centinaia di persone mentre utilizzano lo smartphone, in Italia abbiamo un problema di “digital divide”. Un gap su cui il ministro Colao ha posto particolare accento. Se non verrà colmato, la strategia di semplificazione e di velocizzazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni è di fatto irrealizzabile.

Per “digital divide” s’intende una mancanza di competenze digitali in una fetta piuttosto consistente di italiani. Solo il 42% tra i 16 e i 74 anni possiede conoscenze di base, contro il 58% degli europei. Un altro divario, ancora più allarmante e che riguarda la stessa fascia di popolazione, riguarda chi non ha mai utilizzato Internet o che non ha idea di che cosa sia. Parliamo di un 17% di giovani e meno giovani. Quasi il doppio dell’Europa.

Il “digital divide” è anche un problema di accessibilità, di uguaglianza, perché è sinonimo di una mancanza di competenze e professionalità.

Colao ha parlato del Servizio Civile Digitale: migliaia di giovani aiuteranno circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali, soprattutto, tra chi non ha mai avuto accesso a Internet. Risolvere il “digital divide” aprirà le porte all’inserimento di figure professionali preparate e indispensabili, soprattutto, nelle Pa.

“Bisogna ribaltare la narrazione della Pubblica amministrazione come una realtà inaccessibile. La Pa deve diventare alleata dei cittadini”.

 

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