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A che punto sono i progetti italiani sul 5G

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Articolo a cura di Andrea Muratore, InsideOver

Il tema del 5G italiano accende da tempo i dibattiti nel mondo politico-istituzionale, mediatico ed economico. La questione dello sviluppo della rete nazionale di ultima generazione è spesso letta in relazione al ruolo dell’Italia come perno nella grande partita tecnologica apertasi su scala globale e che vede protagonisti Stati Uniti e Cina. Attori protagonisti di un bipolarismo tecnologico reso solo parzialmente asimmetrico dalla presenza europea nella partita, tuttora poco strutturata a livello sistemico.

Molto si è discusso dunque del ruolo che il 5G può assumere nel posizionamento dell’Italia nelle grandi filiere tecnologiche e strategiche del XXI secolo; molto della natura del nostro Paese come pivot e come oggetto del contendere tra Washington e Pechino; molto, spesso a sproposito, sulla presunta necessità di una scelta di campo tra i due giganti e sulle presunte minacce che singole aziende cinesi porterebbero per la loro stessa coloratura di bandiera al sistema-Paese e alla sicurezza occidentale. Tutto questo nonostante gli indubbi successi realizzati sul campo della cybersicurezza e della tutela degli utenti da campioni dell’Impero di Mezzo come Zte. In questo contesto, molto meno si è parlato di progetti reali, dello stato dell’arte dell’avanzamento della costruzione della rete a banda larga e di ultima generazione in Italia, degli obiettivi sistemici per l’Italia e del ruolo che la tecnologia abilitante per eccellenza della nuova fase di innovazione tecnologica.

Il 5G è apparso al grande pubblico come un Godot nella cui attesa immaginare le applicazioni più futuristiche e promettenti. Il salto tecnologico abilitante avverrà in ogni caso con gradualità. La pandemia di coronavirus in questo contesto ha da un lato spinto a una forzata digitalizzazione accelerata della società (pensiamo alla didattica a distanza e allo smart working trasformati in istituzioni comuni) e dall’altro frenato diversi progetti che miravano all’efficientamento e all’innovazione della rete costringendo le compagnie e lo Stato a puntare al rafforzamento della capacità delle strutture ordinarie. Come dichiarato dal country manager di Tcl Mobile Italia Flavio Ferraro all’AdnKronos, infatti, ” gli operatori di telecomunicazione “avevano i piani per il 5G, ma per far fronte all’onda della didattica a distanza e del lavoro a distanza, hanno dovuto potenziare la rete 4G” ordinaria per ragioni di necessità.

Ciononostante i progetti per la costruzione di una graduale rete di copertura del Paese con tecnologie di comunicazione all’avanguardia, capaci di stimolare le potenzialità del 5G che garantisce una velocità di trasmissione dati elevatissima (che potrebbe arrivare a raggiungere diversi Gigabit per secondo) e un bassissimo tempo di risposta (la cosiddetta latenza) al segnale procedono spedite. Alleanze industriali come quella tra Tim e Vodafone nel consorzio Inwit, il protagonismo di attori come Cellnex nella partita europea delle torri e l’apertura dell’ex Telecom alla partecipazione al network modulare O-Ran che mira a rendere competitivo il 5G europeo segnalano avanzamenti in tal senso.

A Faenza, nota Corriere Comunicazioni, Tim è diventata la prima società ad applicare in Italia questo protocollo altamente specializzato sul fronte securitario che “utilizzerà una soluzione che disaccoppia le componenti (hardware e software) della rete di accesso radio, secondo una logica di diversificazione dei fornitori e nell’ottica di favorire un più ampio ecosistema industriale”.

Oggigiorno da Roma a Milano e Torino, fino a Bologna, Genova e Firenze è disponibile su base commerciale il servizio 5G fornito da Tim che mira a fine 2021 come soglia per completare la connessione delle aree industriali del Paese, mentre Vodafone ha recentemente avviato nel capoluogo meneghino la partnership con Ibm per il primo tech bus a guida autonoma sulla linea 90-91 capace di sfruttare la tecnologia 5G e si pone l’obiettivo di includere alla lista delle “aree 5G” le prime 100 città italiane e le principali località turistiche, seguita da WindTre che mira a 70 centri urbani. Milano, Bari e Matera sono state sede negli anni scorsi dei primi test di Huawei, che ha in corso progetti per testare la rete 5G in ambiti quali sanità, industria, turismo, sicurezza, smart energy, mobilità e trasporti in sinergia con operatori come la citata Vodafone e Open Fiber.

Certamente molta strada va ancora compiuta nel Paese. Oggi, nota Tech Radar, “per quanto riguarda l’Italia, i primi test effettuati a Milano con Vodafone in piazza Duomo, con LG V50, hanno restituito valori pari a 350 Mb/s ben lontani da quelli promessi dal 5G a regime, ma va detto che siamo ancora in una fase davvero iniziale di sviluppo e diffusione delle reti 5G”. Il Recovery Fund, in questo contesto, dovrà aiutare a dare un ulteriore incentivo allo sviluppo della rete. Attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del governo di Mario Draghi finanziati investimenti in reti ultraveloci (banda ultralarga e 5G) per 5,31 miliardi di euro a cui si aggiungerà lo stanziamento di 1 miliardo di euro finanziato con il Fondo nazionale complementare al 5G e di 400 milioni di euro a tecnologie ultrabroadband – Strade extraurbane. Un salto in avanti di circa il 50% rispetto ai complessivi 4,2 miliardi che erano stati stanziati nel contesto della bozza firmata dal governo Conte II.

Cosa dovranno contribuire a realizzare questi fondi? Investimenti strategici per aumentare la copertura del 5G in Italia, chiaramente, ma soprattutto piani per tecnologie abilitanti nell’industria, nei servizi, nella transizione ecologica in grado di consentire uno sviluppo armonico e fondato sull’efficienza al sistema-Paese. E mobilitare know-how e capacità imprenditoriali a livello di filiera oltre il coinvolgimento, fondamentale ma non sufficiente, delle major. Nuovi settori si apriranno e nuove imprese dovranno contribuire a sviluppare la filiera, la fornitura di apparati e servizi all’industria tecnologica legata al 5G, seguendo l’esempio di ditte strategiche come Calzavara, un’impresa di Basiliano che oggigiorno si occupa di soluzioni ingegnerizzate ad alto contenuto tecnologico per le reti di ultimissima generazione. L’azienda produce componenti destinati alle nuove torri 5G, e fornisce inoltre i sistemi necessari per l’intera gestione di tutto il network preoccupandosi anche della sostenibilità ambientale e dell’impatto visivo delle stesse. Un ragionamento di sistema che può aiutare nel programmare il doveroso sviluppo dell’Italia nel campo del 5G. E ad agganciare il Paese alle nuove rotte della tecnologia di frontiera.

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