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“Il mondo del 5G va veloce servono nuove competenze”

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Aldo Bisio Per l’ad di Vodafone “In Italia c’è molto da migliorare, ma le nostre reti mobili sono migliori di quelle di Germania, Gran Bretagna e Spagna. Sensibilità forte del governo sul digitale

Sul palco di «Alfabeto del Futuro» da Genova ieri è intervenuto Aldo Bisio, dal 2014 amministratore delegato di Vodafone Italia e dal 2015 componente del comitato esecutivo dell’intero gruppo Vodafone. Intervistato dal direttore de Il Secolo XIX, Luca Ubaldeschi, ha parlato di digitalizzazione, di dati e del futuro dell’Italia nel mondo digitale. Ecco una sintesi del dialogo.

Dal suo punto di osservazione, a che punto è il nostro Paese sotto il profilo della digitalizzazione?
«L’Italia ha un grande futuro davanti sul digitale. Certo non partiamo da una posizione di forza, se comparati agli altri Paesi, e c’è ancora molto da migliorare. Ma dal Recovery Plan arriveranno molte opportunità e sono molto positivo su quello che ci aspetta. Va detto che siamo molto competitivi in alcuni segmenti, per esempio su quello delle reti mobili che sono migliori di quelle di Germania, della Gran Bretagna e della Spagna. Stiamo però crescendo sulle infrastrutture di rete fissa anche con i fondi stanziati dal governo per accelerare in questo settore. Come dice L’Economist, nel terzo millennio il nuovo petrolio sono i dati. E’ vero. Mancano però le raffinerie, che sono i cervelli delle persone che devono elaborare i dati».

Questo ci porta a capire che ci sono delle difficoltà nel trovare competenze. Si possono superare?
«Si tratta di un problema che hanno tutti i Paesi. La massa di dati è enorme. Solo la nostra rete mobile elabora 25 miliardi di cambiamenti di stato ogni giorno. Il grande lavoro da fare adesso è cercare appunto le competenze. Nella pratica sono circa 200 mila i posti di lavoro che mancano ma guardando agli obiettivi del Digital Compass Ue al 2030 si arriva addirittura a 14 milioni di competenze in Ict. Per l’Italia sono circa 1,2 – 1,3 milioni di posti di lavoro».

È un tema che coinvolge le Università, vuol dire che devono correre per creare queste figure.
«Sì ma le Università hanno cicli lunghi di sviluppo. C’è quindi bisogno di attivare degli acceleratori che possono essere realizzati dalle Università in combinazione con le aziende. Anche sulla parte di data science: c’è bisogno non solo di ingeneri ma anche di geometri del mondo digitale, di capicantiere e così via. Bisogna darsi da fare per sviluppare tutto quel livello che oggi manca. E’ un grande lavoro di riconversione professionale delle persone».

La grande partita di queste ore è quella del Pnrr. Sono state fatte le scelte giuste?
«Sono molto positivo su questo piano. L’aggiustamento dato, in particolare sulle infrastrutture digitali, dal nuovo governo, ha dato una spinta in più. Adesso stiamo accedendo alla fase esecutiva. Nel governo c’è sensibilità forte sul tema del digitale».

Si parla molto di 5G che sembra destinato a cambiare le nostre vite. Perché è così importante?
«E’ una necessità, se non altro per via dell’enorme crescita dei dati. Il 4G non ce la fa a trasportare il volume di traffico che ci inonderà nei prossimi anni. Un’altra ragione è che molti dei nuovi servizi che nasceranno non si possono fare con il 4G. Il 5G è una tecnologia molto più performante. I tempi di risposta della rete sono un decimo di quelli del 4G».

E’ importante anche per il mondo della sanità?
«Sì, sicuramente. Ma l’area più importante di applicazione è quella della mobilità. Nel momento in cui iniziamo a parlare di macchine connesse che parlano con le altre auto o con i semafori e così via, a quel punto i tempi di reazione diventano di rilievo. Il 5G velocizza le risposte, cosa che il 4G oggi non riesce a fare e le auto si schianterebbero».

Da cosa dipende l’implementazione del 5G per l’Italia?
«In questo momento stiamo progredendo nel coprire le città con il 5G. A fine anno saremo a quota 50-60. A Genova sono state attivate una serie di sperimentazioni interessanti. Con l’Amt stiamo lavorando sul tema della sicurezza stradale».

La tecnologia è anche sulle banchine del porto?
«Si, il porto è un centro logistico ad altissima densità. Ci sono sperimentazioni che stiamo facendo in giro per l’Europa dove stiamo coprendo i porti con il 5G in modo da favorirne la competitività».

Articolo a cura di Sandra Riccio, La Stampa

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