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Traffico più snello e meno stress, ecco perché il 5G farà bene all’auto

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Una ricerca rivela: ci saranno meno perdite di tempo con semafori e parcheggi smart. Ma perché le promesse del 5G non si sono ancora realizzate appieno? Abbiamo fatto il punto con gli esperti

5G, a che punto siamo? Le reti mobili di quinta generazione sono destinate a coprire (quasi) l’intero territorio italiano entro il 2025. Per la fine dell’anno prossimo i telefoni compatibili saranno la maggioranza di quelli venduti. Ma le promesse del 5G sono più alte, più ambiziose. Da anni gli esperti ne parlano come di una tecnologia «trasformativa», in grado di cambiare la società. E tra questi mutamenti in prima fila c’è il mondo dell’auto, attraversata da scosse telluriche gigantesche, con temi che corrono paralleli al 5G (come l’elettrificazione) e altri ad esso strettamente incrociati (come guida assistita e autonoma). Perché di questa rivoluzione finora si è visto poco, quanto ci sarà da aspettare e cosa succederà davvero nei prossimi anni?

La ricerca del Centro Studi Tim

Per rispondere partiamo dai numeri. Il Centro Studi Tim ha pubblicato il rapporto «Smart Italy 5G» curato da Michele Palermo e Guido Ponte, che fa i conti dei benefici delle nuove reti per l’economia italiana, da oggi fino al 2040. Il settore dell’automotive è tra i più impattati, con 3,2 miliardi di euro l’anno a partire dal 2025. Si punta a maggior efficienza nei processi produttivi, ma anche noi guidatori avremo ricadute positive. Il 5G sarà un tassello fondamentale per avere maggior sicurezza, meno stress, più intrattenimento a bordo, meno inquinamento e perdite di tempo (con semafori e parcheggi «davvero» smart), per andare meno in officina con campagne di richiamo e aggiornamenti a distanza.

I tempi

Quando succederà? Giovanni Miragliotta, responsabile scientifico dell’Osservatorio 5G & Beyond del Politecnico di Milano, ci ricorda una cosa: «Il 5G non è monolitico ma è una generazione di tecnologie in evoluzione. Ogni anno vengono rilasciate nuove specifiche che coprono diverse possibilità funzionali. È già attiva la banda larga mobile ma è meno utile per l’auto, mentre la bassa latenza (ridotti tempi di risposta, ndr) sta arrivando ed è quella più interessante per i veicoli».

I tasselli del puzzle

Insomma, il 5G è un puzzle i cui tasselli stanno andando poco per volta a posto. Una tipica applicazione che già entro 2-3 potrebbe essere operativa è legata alla sicurezza, con possibilità finora impensabili. «Il primo grande ambito è il supporto alla guida umana — spiega Miragliotta —. Un’auto moderna può essere dotata di tutti i sensori possibili ma “vedrà” sempre e soltanto in linea ottica. Immaginate se dietro l’angolo c’è un bambino che attraversa all’improvviso. Il veicolo non lo può sapere. Ma lo può sapere un semaforo o un altro mezzo parcheggiato lì vicino. E attraverso le nuove reti lo possono comunicare alla nostra auto, che può avvisarci o agire di conseguenza». Con uno scenario di questo tipo è facile immaginare che gli attori coinvolti siano molti, e questa è una delle complessità (non tecnologiche, ma «di sistema») del 5G.
Eppure le prime offerte commerciali non sono distanti. Le società che gestiscono autostrade e superstrade potranno fare accordi con i produttori per servizi di informazione su traffico e pericoli sulla carreggiata super-dettagliati: non solo in quale punto esatto comincia una coda ma anche in quale curva c’è una lastra di ghiaccio, con il vantaggio (rispetto a servizi come Waze di Google basati sulle segnalazioni degli utenti) di offrire informazioni «trusted» cioè affidabili per definizione perché rilevate da sensori smart del gestore stesso.

Progetto C-Roads

Umberto Ferrero, Responsabile 5G & Digital Trasformation di Tim, ricorda come il 5G si abbini ad altre tecnologie come cloud, big data, Internet delle cose e Intelligenza Artificiale: «È una delle leve fondamentali per accelerare la digitalizzazione e come Tim stiamo lavorando per sviluppare importanti soluzioni verticali, tra cui la smart mobility. Di recente abbiamo completato il Progetto C-Roads, con diversi partner italiani, testando comunicazioni tra infrastrutture, automobili e mezzi pesanti, sull’Autostrada del Brennero». In questo progetto Iveco ha testato il cosiddetto «Truck Platooning», ovvero un convoglio di tir in cui è il primo mezzo che «guida» gli altri come fosse la motrice di un treno, con i camion della fila che frenano e accelerano in maniera autonoma. Mentre il Centro ricerche Fiat ha potuto testare l’Highway Chauffeur, la funzionalità di automazione dei veicoli che permette di regolare la velocità, mantenere la traiettoria ed effettuare il cambio corsia in modo automatico.

Le complessità

Per la vera guida automatica serve invece più tempo perché la complessità, sopratutto in città, è enorme. Pensiamo a uno scenario: un cappello portato dal vento che vola davanti al parabrezza. In un ambiente controllato, pensiamo a un Expo o un campus aziendale o universitario, i sensori dell’auto a guida autonoma hanno bisogno di processore in frazioni di secondo enormi quantità di dati per reagire e potrebbero ricorrere all’aiuto di altre tecnologie, come l’Edge computing, ovvero la presenza in prossimità (nel campus stesso, magari), di centri calcolo dalle grandi capacità e usare il 5G per scambiare questi dati. Far ricorso al Cloud, con centri dati a migliaia di chilometri sarebbe molto meno efficiente e, in questo scenario, anche pericoloso. Ma in una città è molto più difficile avere un centro dati a portata di mani.
Insomma, i mutamenti che il 5G porterà sulle quattro ruote sono davanti a noi ma i tempi per realizzarli, anche se quasi a portata di mano, sono molto meno nitidi.

Articolo a cura di Paolo Ottolina, Corriere – Motori

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